venerdì 12 gennaio 2018

La Ruota del tempo: perché leggere questa saga?

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"La morte è più leggera di una piuma; il dovere è più pesante di una montagna."
Terzo atto, dopo Malazan e Drenai, di una rubrica poco organizzata che si prefigge l'obiettivo di delineare pregi e difetti delle saghe che hanno segnato il sottoscritto.



PREGI

La Ruota del Tempo, innanzitutto, è un high fantasy in piena regola: introduzione da retaggio  tolkeniano al fine di agevolare il primo approccio per il lettore neofita; impianto narrativo basato su un dualismo manicheo ben noto all'interno del genere (seppur tale caratteristica venga rimodellata con successo nel proseguo); vastità dell'universo creato, latore di potenzialità narrative interessanti e non sempre ben inquadrabili; focus profondo e chirurgico sulla crescita dei personaggi principali, capaci di garantire credibili e costanti percorsi di formazione.
I protagonisti sono tutti eroi imperfetti e senza sicurezze, più volte costretti ad abbracciare il male per un bene maggiore solo promesso, mai concreto; costantemente costretti a perdere parte di sé per essere all'altezza del proprio ruolo, anche a discapito dei propri affetti e di una morale che, giorno dopo giorno, sfuma nelle promesse mancate e nei silenzi in cui si abbraccia il proprio fallimento.
I momenti più alti della saga passano attraverso la ricerca d'umanità perduta: il prendersi cura dell'altro quando oramai l'altro non ti riconosce più; il vestito verde che verde non può essere; l'abbandono di Bandar Eban con gli occhi chiusi; la scelta della parola contro la violenza, anche a costo di perdere tutto; le lacrime profuse in marcia verso Tarmon Gai'don; il passato acquisito come fallimento del presente e presa di coscienza degli errori commessi.
La forte vena romantica che permea la saga restituisce un intenso mosaico di esistenze dedite al miglioramento di sé in funzione del mondo; e l'intero macrocosmo intessuto attorno ai protagonisti si impreziosisce proprio per questo lato umano così vivo e sentito.
Il worldbuilding è vasto - non potrebbe essere altrimenti, vista la mole - e ben delineato grazie a continue delucidazioni che lo stesso Jordan inserisce all'interno della narrazione al fine di mantenere il lettore sempre preparato (la cadenza annuale di uscita dei volumi, al tempo, fu sicuramente avvantaggiata da questa impostazione); inoltre i continui richiami non sono solamente una semplice premura, visto che innumerevoli dettagli vivono di anticipazioni strategiche ben distribuite tra fenomeni di chiaroveggenza, profezie e ipotesi implicite (si pensi al mistero di Demandred, tra gli aspetti più interessanti e sfuggenti dell'intera opera).
Un ulteriore punto a favore va ricercato nell'atipico sistema magico, l'Unico Potere, configurato con struttura dicotomica: il solco tra donne e uomini non passa solo dalle diverse fonti dalla quale attingono, ma soprattutto dall'interazione "disturbata" da una contaminazione di partenza, uno degli aspetti cardine all'interno della vicenda.
La saga, in conclusione, si può fregiare di un mosaico complesso, personaggi - almeno i principali - piuttosto elaborati dal punto di vista introspettivo e una notevole capacità di infondere interattività tra lettori per ricamare ipotesi con la speranza di vedersele confermare (o smentire e farsi sorprendere).
Il viaggio de "La ruota del tempo" merita di essere vissuto, senza se e senza ma.



DIFETTI

Ricordata per la sua proverbiale prolissità, la saga paga ferocemente dazio per le angoscianti digressioni descrittive che coinvolgono ora l'abbigliamento ora l'arredamento ora il paesaggio: il ritmo narrativo viene completamente scombicchierato per l'eccessiva tendenza a delineare il contesto in maniera certosina, se non addirittura ossessiva.

*Vedere Davram Bashere visionare con il binocolo l'esercito di Arymilla per almeno dieci pagine è qualcosa che stroncherebbe un bue (con la speranza che abbia tolto il tappo alle lenti)*

Questo lavoro di accumulo, paradossalmente, gioca di sottrazione perché costringe la storia a fermarsi ogni volta che l'esigenza narrativa richiede l'introduzione di nuovi personaggi o la revisione di contesti fin lì rimasti invariati.
Non è un caso che la saga crolli - sia a livello di ritmo sia nelle ingegnosità di worldbuilding - proprio nel blocco [7-10], ove la frammentazione delle storie implica un taglio corale malriuscito nella quale molti personaggi secondari si calpestano i piedi a vicenda, purtroppo senza riuscire ad acquisire una propria autonomia dal punto di vista introspettivo (alcune morti di questi personaggi, difatti, non hanno un'elevata portata drammatica).
Gli eccessivi ricami descrittivi diventano un limite nel momento in cui la storia si amplia dal punto di vista orizzontale.
Un secondo difetto - invero percepibile in maniera piuttosto diversa da lettore a lettore - è l'interazione tra i due sessi, mai come in questa saga contraddistinta da incomunicabilità e fraintendimenti così ripetitivi ed esasperati da banalizzare l'intero quadro narrativo.
Un'impostazione così puritana e pudica alla distanza ridimensiona molte figure femminili chiamate in causa (Sapienti, Aes Sedai alla Torre Bianca, Atha'n Miere); e dalla loro prospettiva viene un po' svilita anche la figura maschile, spesso ridotta a macchietta dalla scarsa intelligenza e ridotta empatia morale.
Tale aspetto è mal bilanciato per tutto l'arco di volumi scritti direttamente da Jordan; solamente Sanderson smusserà queste sbavature con un buon lavoro di rielaborazione del materiale ereditato.
L'ultima problematica della saga va equamente ripartita tra i temporeggiamenti intrinseci alla penna di Jordan e la sua precoce morte per malattia: moltissimi personaggi e dinamiche particolarmente interessanti smettono di avere parte attiva nei volumi centrali, costringendo Sanderson ad applicare, come detto poc'anzi, una scelta nel decidere quali aspetti sviluppare e quali, invece, relegare ai margini della vicenda.
Al termine della lettura saranno piuttosto evidenti alcuni buchi narrativi o del materiale letteralmente sprecato, ma forse questo è il compromesso necessario affinché la saga terminasse in tempistiche accettabili.






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