venerdì 29 dicembre 2017

Ciclo dei Drenai: perché leggere questa saga?


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"Un giorno ascoltai una storia, sai? I suoi soldati avevano radunato un gruppo di sacerdoti della Fonte e avevano deciso di bruciarli tutti. Un cittadino era uscito dalla folla e aveva parlato contro quell'atto. Aveva detto loro che ciò che stavano facendo fosse malvagio, che avrebbero dovuto vergognarsi di loro stessi. I sacerdoti non si salvarono. E uccisero anche lui. Mi ricordai del gesto di quell'uomo e per me fu di ispirazione. Anche altri, se l'avessero visto, ne sarebbero stati ispirati. Il male avrà sempre le armi peggiori. Il male radunerà le armate più vaste. Bruceranno, saccheggeranno e uccideranno. Ma non è questa la parte peggiore. Cercheranno di farci credere che l'unico modo per distruggerli sia diventare come loro. Questa è la vera nefandezza del male. E' contagioso. Quell'uomo me lo ricordò e mi aiutò ad attenermi al codice."


 Esistono storie che con il tempo vengono dimenticate, soppiantate da nuovi autori e nuove opere con copertine sfavillanti e clamorose promesse racchiuse tra le pagine.
Se sotto l'aspetto delle copertine non ci sia molto da esultare - né la Nord né la Fanucci dimostrano un raffinato gusto estetico - , perlomeno la seconda casa editrice citata ha avuto il merito di riportare nelle nostre librerie l'intero ciclo dei Drenai di David Gemmel, il quale inizia nel 1984 con "La leggenda dei Drenai" e si chiude anzitempo, causa morte prematura dello scrittore, nel 2004 con "Le spade del giorno e della notte", undicesimo e ultimo tassello.
Inutile sottolineare che nell'immaginario collettivo sia rimasto impresso il primo titolo (copertina in sovrimpressione), ricordato per il serrato e feroce assedio di Dros Delnoch, fortezza presidiata da diecimila difensori contro un esercito di mezzo milione d'invasori: da una parte l'inossidabile e cinico Druss, eroe consumato da un'impietosa vecchiaia, e dall'altra l'imperscrutabile Ulric dei Nadir, leader delle Teste di Lupo nonché Unificatore promesso dalle profezie del popolo nomade.
Qui di seguito un rapido focus su pregi e difetti della saga.

PREGI

Il primo merito di Gemmel va ricercato nella scelta di una prosa snella e semplice, antitetica rispetto alla maggior parte delle opere all'interno del genere fantasy: descrizioni ridotte all'osso e azzeramento dei tempi morti contribuiscono a un ritmo narrativo sempre sostenuto; in seconda istanza, va sottolineata la comoda accessibilità del contesto narrato, costruito su interazioni tra regioni e popoli spiegate con semplicità disarmante.
Gemmel, difatti, opta per un taglio molto realistico che relega sullo sfondo la componente fantasy - magia, chiaroveggenza, razze non umane - e si focalizza con maggiore attenzione sui drammi umani che muovono la vicenda dal punto di vista sociale, economico, politico e bellico.
L'estrema fruibilità del ciclo va ricercata anche nella scelta di costruire archi narrativi che si estinguono all'interno del singolo volume; e la presenza ricorrente di Druss, Skilgannon e Waylander (l'unico dei tre che richiede un tassativo ordine di lettura dei volumi che lo coinvolgono) permette la suddivisione del ciclo in sottogruppi affrontabili separatamente, senza particolari vincoli di lettura.
Ma il pregio maggiore per la quale viene ricordato Gemmel è la capacità di dipingere personaggi nel giro di poche righe e attribuire loro una forte credibilità nelle lotte interiori che sostengono quotidianamente: possono essere assassini dal deprecabile passato che cercano di estinguere le loro perdite nel sangue, con la speranza che un nemico sia più forte di loro e la faccia finita; oppure presentarsi come sporchi avvoltoi che anelano all'eterna gloria, per poi ritrovarsi cenere fra le mani; o magari immacolate anime costrette a disattendere promesse di gioventù ed effimeri ideali in favore di un potere più grande, tanto vasto quanto corrosivo.
L'eroe qui descritto è alla continua ricerca di seconde possibilità, con la consapevolezza che per certi errori non sia contemplata la redenzione; quotidianamente costretto al compromesso per scendere a patti con il proprio passato e lasciarsi finalmente alle spalle i fantasmi che lo perseguitano.



DIFETTI

L'autore si contraddistingue per la semplicità non solo di prosa, la quale rende molto agevole la fruizione dell'intero ciclo, ma soprattutto nella delineazione del worldbuilding e, per estensione, le dinamiche d'azione e introspezione sviluppate all'interno.
Non sarà affatto raro imbattersi in personaggi tra di loro simili - l'archetipo si ripete nella discendenza - che intraprendono percorsi analoghi a quelli dei loro antenati, sostengono dialoghi praticamente sovrapponibili e fronteggiano i medesimi tumulti interiori (quest'ultima una caratteristica molto ricorrente nel ciclo).
Il ciclo dei Drenai esaurisce rapidamente la poetica sull'eroe smitizzato e reso umano; inoltre, come detto all'inizio, il worldbuilding consta di un'originalità tendente al ribasso e poco capace di reinventarsi tra un volume e l'altro: la gestione dei demoni, l'inserimento di ibridi genetici e lo sfruttamento della negromanzia restituiscono un quadro alle volte eccessivamente fisico e posticcio, purtroppo esposto a picchi di pacchianeria involontaria e volto a corroborare un immediato impatto scenico (e niente di più).
Il difetto più grande, in conclusione, lo si può identificare nell'oggettiva ripetitività della costruzione di personaggi e dinamiche a essi correlati nonché una riproposizione pedissequa di molte peculiarità del contesto, senza che queste vengano adeguatamente sviluppate con una propria autonomia.


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